Per lungo stento
inacidito sottrassi il nostro amore
al canto — tu sai perché:
t’era greve il male oscuro d’un’infanzia
defraudata, umiliata, soffocata,
così severamente calpestata,
troppo breve — forse non vissuta.
So degli slanci infranti contro un muro,
dei troppi torti patiti, dell’adulta
indifferenza; so tutto questo e tutto
l’altro taccio per ferita aperta.
Basta a spiegare quella scorza tigliosa
di rancore ad impedirmi il frutto, gli abbracci
riluttanti e il sapore di quei baci in cui
al miele si mesceva amaro fiele;
quel lungo inseguimento d’una vita
(una volta — ricordi? — fuor di figura,
per le vie della città nel sonno).
Tu non vedevi me: quell’altro vedevi,
a lui restituivi la mercede (lo specchio
pur riflette ciò che vede): quel giorno l’ho capito,
perché non prima? Avremmo risparmiato.
Quanto sembrava ingiusta tanta asprezza!
Ora so per chi era quella frusta:
non ero quello io che tu vedevi,
non eri quella — vera — tu.
nel giardino dei sentieri che si biforcano
gli arcani dei tarocchi sono sono chiavi di lettura, molteplici percorsi che puoi seguire per attraversare un intreccio di diverse opere poetiche