nel giardino dei sentieri che si biforcano

gli arcani dei tarocchi sono sono chiavi di lettura, molteplici percorsi che puoi seguire per attraversare un intreccio di diverse opere poetiche


Bianche e rosa nell'alba

Bianche e rosa nell'alba
stanno le nubi che acque
furono un tempo dure di sale.

Non trovo conforto nella città
che sa di rovine: falde
di fuoco piovono dal cielo.


(D'improvviso è alto
sulle macerie il limpido
stupore dell'immensità).

Canicola augusta

Canicola augusta, smeriggia di brutto:
lo spazio rovente è una lente ch'accende-difforma.
Lo strazio di stecchi. Il letto del rivo fa lutto.
Un'orma nel fango s'assecca. Là un orto
più morto che vivo.
Cuticola adusta, s'invola locusta.
Arvicola onusta nel buco s'incuna.
Formicola il botro di stoppie e di sterpi
d'insetti e lacerti.
C'è un sole che spacca gl'inerti.
Sul sasso un batrace si svacca.

È il verso di rospi e cicale più aspro e riarso
rosario che frigge-fumante nel cielo.

Memorie di pioggia

Stracci di nuvole bianchi ritengono
i fianchi di creste nel cielo
più cupo del rombo
incombono cime di gelo
non alito o battito d’ali.

Grondano rocce stillano fronde
le gocce memorie di pioggia.

Nel mattino di folte brume

Oro, silenzio e labili forme
nel mattino di folte brume;
in alto sui tetti un battere d’ali:
ne cadono piume.

Profilo lunare di creste e canali,
di mari, che lento riappare;
deriva di muri, di vicoli oscuri, di piazze
ancora deserte scoperte al riflusso
del mare notturno.
Procedo fra i gatti e il marame
che affiora nel giorno:
relitti e cascame.

Esplode l’aurora in bagliori di gelida fiamma
al sole che sorge sul castrum romano,
giunto dal cardo
all’incrocio mi fermo, volgo lo sguardo
al punto di fuga del decumano,
al disco di fuoco enorme nel quadro
di tetti e di case,
d'oro e silenzio, di luci
radenti che spazzano e vento
misto a vapori.

Vento che soffia da oriente,
carte che volano in volto,
lacrime agli occhi di un gelo
che scende dal cielo?

Buf'era

Buf’era: l’hai raccolto che spioveva all’alba
nella mattina fresca lama lucida.

Guf’era: i tetti ha sorvolato abbacinati
i campi i boschi i monti: tuoni e lampi.

Tuf’era, ch’asportato la fiumana
a valle piante e bestie ha macinato.

Fu fera ad ululare nella notte?

C'è, tace, o

C’è, tace o forse dorme, sulla spiaggia
riversa una carcassa vecchia grassa
balena all’orizzonte chiaro un lampo.

Oscura e sterminata

Monti d’inverno: d’orsi
dormienti, mantelli irsuti, scudi
rocciosi di sauri estinti.
— Altare al gelo svetta solit’aria e pura altura.

Ascendo fra i picchi, al cielo richiedo:
roca risponde la voce che l’eco
da rocce nasch’onde.
— M’onde, fr’onde, gioch’onde…

Rovina nel botro la
macchia di rovi ritorti e di bacche
che l'abile gracchia s'imbecca.
— Vecchia cornacchia ridacchia e si stacca.

Ah, gett’arsi dalla turpe rupe da cui
spelonca abisso
per acque pure e cupe!
— Ch'orrenti fredde, vorticose.

Da qui si vede la pianura oscura
e sterminata la specie umana.